Beati i primi

Maiale, capretto e stroncatura protagonisti dei primi piatti

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Il pranzo tipico alla reggina inizia con l’antipasto alla calabrese, dove le linee guida del sapore sono dettate soprattutto dalla maestria storica nella conservazione dei prodotti. Quando si arriva ai grandi piatti tipici si può ancora toccare con mano il “non buttare via niente” e non solo del maiale.

Fileja con pesto di pomodori secchi

Non si butta via niente!

Si parte dalla struncatura, ovvero una pasta nata dagli scarti della molitura delle farine, semplice e diretta con pangrattato e alici sott’olio, o conservate con l’immancabile peperoncino. Si arriva ai maccheroni al sugo di maiale (o salsiccia, per parlare sempre della conservazione delle carni), dove la ricetta tradizionale recita l’uso dello strutto assieme alle carni e il pomodoro. Si procede con i maccheroni al sugo di capretto (area ellenofona), piatto scandito dal calendario religioso della Pasqua.

LO SAPEVI CHE?

La molitura è la particolare macinazione con mulini a pietra che prende le cariossidi dei cereali (grano, mais, orzo, avena, riso ecc.) per ottenere delle farine.

Mare e montagna di Reggio Calabria

La montagna della zona produce tanti funghi, per ingentilire la pasta con piatti semplici, prodotti freschi, raccolti anche in giornata. In qualsiasi luogo in cui possiamo andare a mangiare chiediamo se ci sono prodotti del giorno: potremmo capitare giusto nel giorno in cui anche il cuoco ha fatto un giro in montagna per raccogliere e prepare un signor piatto con questo ingrediente. Il mare offre lo stocco, pescato, conservato previdentemente per un altro momento (conosciuto ai più come stoccafisso) per insaporire una nuova pasta. E chiudiamo con la pasta al ragù di cinghiale, un altro piatto forte che si guarda attorno, traendo le risorse dal contesto attorno a noi.

 

 

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