Dal 4 agosto i tanti che giungeranno al MArRC, attratti dai magnifici Bronzi di Riace e di Porticello, potranno visitare la grande mostra “Le nuvole e il fulmine. Gli Etruschi interpreti del volere divino”, nata dalla collaborazione con la Direzione Regionale Musei della Toscana e il Museo Archeologico Nazionale di Firenze.
Più di un centinaio le opere in esposizione, giunte sulla riva dello Stretto dal più importante Museo dell’Etruria settentrionale. Statue, preziosi oggetti in oro, argento e bronzo, ceramiche figurate e le caratteristiche urne cinerarie decorate con i più distintivi motivi etruschi, tra cui quello dei defunti sul coperchio.
L’esposizione è curata dal direttore del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, Carmelo Malacrino; dal direttore del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, Mario Iozzo; e dalla curatrice della sezione etrusca dello stesso Museo, Barbara Arbeid.
«Il titolo “Le nuvole e il fulmine” – aggiunge Arbeid – prende spunto da un passo di Seneca. Mentre i Romani credevano che i fulmini si producessero a causa dello scontro fra le nuvole, per gli Etruschi le nuvole si scontravano proprio per produrre i fulmini, considerati messaggi divini per gli uomini, cui spettava il compito di interpretarne il significato. Gli scrittori antichi sottolineano le diversità che contraddistinguevano gli Etruschi dagli altri popoli, spesso legate alle credenze religiose: Livio riteneva gli Etruschi sommamente dediti alla religione, mentre Isidoro di Siviglia faceva discendere l’etimologia di “Tyrrhenoi”, il nome greco degli Etruschi, da “thusiazein”, ovvero “fare sacrifici”»