Alba alla palude

Vitrioli Tommaso

Alba alla palude

lbl_periodo_opera

XX sec.

lbl_soggetto_opera

Paesaggio

lbl_tecnica_opera

olio su tela

lbl_dimensioni_opera

cm 101,5×60

lbl_altre_informazioni_opera:
lbl_collezione_opera (Vitrioli);
lbl_proprieta_opera (Comodato d’uso Comune di Reggio Calabria);
lbl_inventario_opera (67)

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La tela assume una forma rettangolare di grandi dimensioni. La scena ritratta è un paesaggio acustre. Nascosta tra i cespugli, arbusti e canneti, si scorge una piccola palude sulla quale svolazza un’anatra. Più a sinistra, poggiata su di una piccola roccia, stanzia una cicogna. In secondo piano, si innalzano le montagne rocciose che sconfinano nel cielo nuvoloso.

Animali: anatra, cicogna

Nell’opera si intravedono temi e soggetti che possono ricollegarsi alle ricerche paesaggistiche della scuola di Posillipo e all’esperienze del padre Annunziato che studiò all’Accademia di belle Arti partenopea. Il dipinto si lega anche alle tematiche etiche ed estetiche dell’epoca romantica. L’idea ottocentesca del pittoresco suscita nell’artista e nell’osservatore attento avendo un pensiero arricchito da una associazione spontanea di idee agli oggetti naturali che si presentano al suo occhio, i quali così acquisiscono bellezze ideali e immaginarie; cioè bellezze che non sono percepite dal senso organico della vista, ma dall’intelletto e dalla fantasia. L’artista che segue i dettami del pittoresco, trasforma “il prato in un pezzo di terreno spezzato: pianta querce ruvide al posto di cespugli fioriti: rompi i bordi del vialetto e dagli la rozzezza di una strada: segnalala con tracce di carri; spargi alcune pietre e rami secchi; in una parola invece di rendere il tutto liscio, rendilo ruvido; e lo renderai anche pittoresco» in particolare saranno i «resti di antica architettura; la torre diroccata, l’arco gotico, i ruderi di castelli e abbazie”. Per pittura napoletana si intende quell’attività creativa pittorica che abbraccia un arco di tempo che va dal XVII alla prima metà del XX secolo e che ha interessato la città di Napoli influenzando poi tutto il meridione. La pittura napoletana si trasforma completamente nell’Ottocento, abbandonando ogni residuo tardo-barocco o caravaggesco e inserendosi in un più vasto movimento artistico, paesaggistico e in parte romantico, che assume connotati propri con la Scuola di Posillipo tra il 1820 e il 1850. A questo va aggiunto anche il fenomeno dilagante di un’arte minore quale la pittura di paesaggi su fogli e piccole tele da vendere ai turisti giunti a Napoli, immortalando i paesaggi del Vesuvio, di Pompei, delle isole o di altri scorci della città.
A portare alla nascita di una vera corrente pittorica di questo tipo è Antonio Pitloo, giovane olandese che giunge a Napoli nel 1815, dopo un soggiorno a Parigi a contatto con paesaggisti seguaci di Valenciennes, dove muore nel 1837, lasciandovi una grande eredità. Pitloo unisce tutte queste istanze pre-paesaggistiche e “introduce” per primo a Napoli la tecnica della pittura en plein air “all’aria aperta”, dipingendo in splendidi olii ricchi di luce ed effetti cromatici i paesaggi più classici della città partenopea.
La pittura napoletana di fine Ottocento primi Novecento riprende le esperienze dalla Scuola di Posillipo, limitandosi però talora ad un vedutismo locale e ad un pittoricismo di facile fruizione, pur in presenza di artisti di altissimo profilo tecnico ed artistico.

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