Roccaforte (Vunì, “la montagna” in greco calabro) è un paese dell’area ellenòfona, situato nel Parco Nazionale d’Aspromonte a 971 s.l.m. che oggi conta poco più di 500 abitanti. Come il nome stesso indica, si tratta di un borgo arroccato su una montagna che domina le pendici dell’Aspromonte meridionale. Negli anni ‘60 e ‘70 fu oggetto di ricerca da parte di glossologi da ogni parte del mondo. In particolare lo studioso Giuseppe Falcone raccolse nel libro “varia linguistiche” un lessico e modi di dire in greco di Roccaforte, e inoltre una traduzione delle Favole di Esopo sempre nel greco di Roccaforte. Il Santo protettore del borgo è San Rocco, che si festeggia il 16 agosto.
Le origini
Le sue origini sono antiche ma incerte. Sia l’ipotesi di origine bizantina che quella magno greca sono da sempre al vaglio degli studiosi. Certo è che la popolazione fu sempre di tradizione e lingua greca. Il declino della lingua greco calabra inizia con l’Unità d’Italia e, dopo le due guerre mondiali che ne decimarono la popolazione maschile, questa veniva ormai parlata solo da una ristretta parte degli abitanti (il Fascismo ne ostacolò in tutti i modi la conservazione). Le prime fonti storiche attestate, risalenti all’IX secolo indicano il territorio di Roccaforte ricadente sotto il dominio di Bova.
Diventato casale di Amendolea, Roccaforte fu fino agli inizi del 1400 sotto il dominio dell’omonima famiglia. Il feudo successivamente transitò nel corso dei secoli sotto il controllo di diverse famiglie nobiliari. Ultimi feudatari furono i Ruffo di Bagnara che vi esercitarono i diritti dal 1624 al 1806, anno dell’abolizione del sistema feudale. Ad oggi, Roccaforte del Greco ha subito un forte spopolamento, dovuto alle emigrazioni delle giovani leve verso il Nord Italia o all’Estero, per cui il paese è popolato da anziani e da un ristretto numero di giovani, desiderosi di riscoprire e valorizzare le proprie origini e tradizioni attraverso le quali veder nuovamente prosperare l'antica Vunì.
Un’antica tradizione
O cippitinnàu (comune ad altri paesi dell’area ellenòfona) è un'antica usanza di Roccaforte del Greco, è il rito del fidanzamento tra due giovani. Il ragazzo che voleva fare il gran passo e dichiararsi alla famiglia della sua amata, quando proprio aveva deciso, prendeva un cippo, cioè un tronco d'albero, e lo piazzava proprio all'uscio di casa della sua amata. A questo punto, lui doveva solo augurarsi che il cippo venisse portato dentro, era già un buon segno. Infatti, se lasciato fuori, era come se fosse già stato rifiutato dal genitore della sua ragazza. Se invece veniva portato dentro, il suo futuro suocero, l'indomani mattina, se lo sarebbe caricato in spalla e, girando per il paese, sarebbe andato a domandare ai giovani che incontrava strada facendo: "Pis efere ton gippo ti dichatiramu" (Chi ha portato il ceppo a mia figlia?), a questa domanda il giovane avrebbe risposto: "To e’fera ego" (L'ho portato io). Se gli conveniva, l'altro rispondeva: "I dicatera nu ene koli cippetthenemi!", (Mia figlia ha trovato un buon partito), altrimenti, se vedeva che proprio non andava bene come genero, gli diceva: "ghire’ apissu ti din ene j’assena to cippo" (torna indietro che il cippo non è per te), togliendogli così tutte le speranze.
Escursioni nei dintorni
Meritano un’escursione il Monte Scafi, le cascate dell’Amendolea, l’area Pic-nic di Zumbello (attrezzata con capienti tavoli, nel più classico degli stili della forestale, dotata anche di servizi igienici, acqua corrente, giochi per i bambini e cucine da campo per i barbecue).