Il macco di fave è un piatto inserito nella lista dei prodotti tradizionali italiani del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Ne esistono ben quattro versioni: calabrese, siciliana, sarda e pugliese, tutte si possono cucinare tanto con le fave fresche che con quelle essiccate. Si mangiava alla fine del raccolto come simbolo di buon auspicio.
Macco e verdure per non uscire dalla tradizione
Il macco di fave, per i meno esperti, è una sorta di purè morbido accompagnato da cicoria saltata in padella, erbette o rape a seconda della tradizione regionale; in Calabria si usa ovviamente presentarlo con pomodoro e peperoncino, condendolo poi con pecorino grattugiato e un filo d’olio. Conosciuto localmente con il nome di “favi a maccu” è ottenuto facendo disfare le fave ridotte in crema dalla cottura stessa. Si può accompagnare il piatto da crostini di pane oppure, per ottenere un primo ricco e saporito, è sufficiente allungare la crema di fave con acqua e cuocervi all’interno della pasta corta.
LO SAPEVI CHE?
Si dice che il macco di fave fosse considerato piatto del buon auspicio: veniva offerto dal signore terriero a tutti i contadini al termine del raccolto per festeggiare insieme la fine del lavoro.
Fave fresche o fave secche? Questo è il dilemma
A seconda della tradizione locale di riferimento si prediligono fave secche o fresche. Va da sé che dipenda anche dal gusto personale e dalla stagione: in primavera sarà più facile dedicarsi al macco utilizzando le fave fresche comprate dal contadino. Durante tutto il resto dell’anno, invece, si prediligono le fave secche che vengono lasciate a bagno una notte con sale e finocchietto selvatico e cotte nella stessa acqua il giorno successivo. Certe nonne assicurano che sia necessario usare solo fave secche: provate entrambe le versioni, il palato saprà dirvi qual è la migliore!