Dalla Francia con carità e amore
Nato a Montpellier in pieno medioevo, Rocco si forma all’università della sua città natale. Rimasto orfano, decide di donare tutti i suoi averi ai poveri e di farsi pellegrino. Epigono e devoto a Francesco di Assisi, intraprende un lungo viaggio in direzione Roma nel corso del quale attraversa paesi e regioni devastate dalla peste. Si dedica allora alla cura dei bisognosi e degli appestati, manifestando sin da subito doti taumaturgiche che gli permettevano di curare la malattia con il tocco delle ferite infette. La sua fama di guaritore lo precede; dopo tre anni a Roma, Rocco decide di rientrare in Francia, ma nel corso del viaggio di ritorno, dopo essere sopravvissuto alla peste, viene scambiato per una spia; arrestato a Voghera, non viene riconosciuto neanche dai suoi parenti, muore in carcere il 16 agosto del 1379. Viene canonizzato come santo da papa Urbano VIII nel 1625.
La festa di San Rocco a Palmi
Nel corso della pestilenza che aveva colpito la cittadina di Palmi nel 1656, nessuna famiglia era rimasta immune ai lutti del morbo devastante. Gli abitanti, fiaccati nella morale e nello spirito, decisero allora di rivolgere le loro preghiere e intercessioni a San Rocco. Ottenuta la grazia che interruppe la peste, il culto del santo guaritore si diffuse rapidamente, superando nel tempo anche quello di San Nicola, patrono della città sin dalla sua fondazione.
Da allora, il 16 agosto di ogni anno la comunità civile e religiosa onora San Rocco con una festa i cui tratti distintivi attraggono fedeli e turisti a migliaia da ogni dove. Infatti, per le sue caratteristiche religiose ed etnoantropologiche, questo evento rappresenta un unicum attorno al quale si sono sviluppati numerosi studi e ricerche. La festa comincia fin dal mattino, quando Palmi si anima al suono dei tamburi che accompagnano le figure dei Giganti, statue in cartapesta che ballano ritmi rapsodici per le vie del paese. Il tutto mentre i fedeli cominciano a recarsi presso la chiesetta dell’Immacolata, dove nel corso dell’anno è ospitata la statua di San Rocco, per rendere omaggio al santo con preghiere, offerte ed ex-voto in cera, segni di guarigioni e grazie ricevute.
Nel tardo pomeriggio, al tramonto, tutta Palmi si muove verso la chiesa; da qui ventiquattro portatori portano in processione l’effige di San Rocco per ben sette chilometri. La processione è aperta dal corteo degli “spinati”, duecento figuranti disposti su due file; fedeli che portano in testa la caratteristica spalas, una campana fatta di spine di ginestra intrecciate, cespugli a campana di rovi lavorati ad arte. Gli uomini scalzi, a torso nudo, indossano pantaloni di tela bianchi e recano in petto una immagine del santo; le donne invece recano in testa una corona di spine in memoria di quella portata dal Cristo nella sua scesa al Golgota. La processione si conclude con uno spettacolo pirotecnico, dopo aver attraversato tutti i quartieri in più di quattro ore di cammino.
La festa di San Rocco a Scilla
Una lettera di Mons. Annibale D’Afflitto, in visita pastorale a Scilla, testimonia già dal 1595 la presenza nella cittadina di una confraternita caritatevole dedicata al santo taumaturgo. Per intercessione di San Rocco, Scilla, uscita miracolosamente indenne dalla peste che aveva colpito gran parte della provincia reggina alla fine del ‘400, arriva ad elevare a santo patrono della cittadina il nativo di Montpellier, sostituendolo al precedente San Giorgio.
Oggi nell’omonima chiesa sono presenti due statue: una marmorea e una lignea che viene portata in processione nel corso delle feste patronali di agosto. La statua in pregiato marmo di pario greco proviene da Venezia, città nella quale dopo la sua morte erano state traslate le spoglie di San Rocco; e proprio a Venezia i marinai di Scilla, che intrattenevano rapporti commerciali con la repubblica marinara, chiesero aiuto materiale e spirituale per superare la peste. Dalla laguna arrivarono due reliquie e la stata sopracitata in stile bizantino-veneziano, che da allora è diventata simbolo del legame tra i fedeli di Scilla e il santo.
Numerose sono le leggende che ruotano anche attorno anche alla statua lignea; infatti, la stessa, pur essendo stata commissionata a vari artisti, non era stata mai completata fino a quando agli inizi del XVIII secolo arrivò un pellegrino che si propose di finire l’opera. Rinchiusosi nella sacrestia della chiesa di San Rocco per attendere alla manifattura della statua, per lunghi giorni non diede notizia di sé; gli abitanti di Scilla, preoccupati per le sorti dell’ignoto artista, forzarono le porte e tra stupore e meraviglia videro la statua completata, nessuna traccia dell’uomo e il viso del santo in tutto e per tutto uguale a quella dell’artista misterioso. La festa cade il venerdì, il sabato e la domenica successivi al 16 agosto, giorni nei quali il santo viene portato in processione lungo le vie principali dei tre quartieri che compongono Scilla: San Giorgio, Chianalea e Marina Grande. Il lungo corteo liturgico si snoda tra due ali di fedeli, che accompagnano la processione, muniti di ceri giganti accesi, detti “nthrocci”. La statua, denominata affettuosamente “San Roccheddu”, la domenica sera viene ricondotta nella chiesa principale in un tripudio di fuochi d’artificio che illuminano tutto lo Stretto di Messina, uno spettacolo che attira migliaia di turisti. Questa entrata di corsa nella chiesa viene detta “Trionfino”, a ricordo del trionfo di San Rocco sulla peste e sul suo velo di morte.